L'ankh, l'antica croce ansata chiamata anche " Il nodo di Iside", somiglia in modo impressionante alle cravatte in uso alla fine del 17esimo secolo, ed era per gli antichi egizi il simbolo della vitalità e dell'eternità.
In Giappone esiste ancora oggi un'arte dei nodi come esiste l'arte della composizione floreale; e le due divinità che unendosi diedero origine al mondo si chiamano "Musubi", ossia "annodatori" o "annodati".
E' chiaro quindi che fare il nodo alla cravatta, non è un atto così insignificante come può sembrare inizialmente: ha a che fare non solo con l'eleganza di chi la indossa, ma anche con una lontana magia.
Esistono in assoluto circa quattromila diversi nodi, e parecchie centinaia di essi potrebbero adattarsi in modo elegantemente preciso anche alla cravatta.
Ma nella pratica effettiva degli uomini d'oggi non vediamo più di quattro o cinque nodi diversi.
Anche nella prima metà del secolo XIX, epoca d'oro della cravatta, il barone de L'Empesé ne enumerava soltanto quattordici principali e diciotto derivati.
Oggi gli uomini eleganti si distinguono sicuramente per i colori e i motivi della cravatta, ma soprattutto per il modo di coordinarla con la giacca e la camicia, più che per il tipo di nodo con cui la indossamo.
In ogni caso è importante che il nodo della cravatta sia fatto con cura.
Evitiamo di ritrovarci tra coloro che l'anonimo autore della "Physiologie de la toilette" criticava con forza perché "indossano la cravatta senza sentirla né capirla; ogni mattino si avvolgono intorno al collo un pezzo di stoffa come fosse una corda; poi, tutto il giorno, passeggiano, mangiano, fanno i propri affari e la sera vanno a dormire, senza uno scrupolo, senza rimorsi, perfettamente soddisfatti di se stessi, come se avessero indossato la cravatta nel migliore dei modi".