La cravatta moderna creata da Jesse Langsdorf negli anni Venti del Novecento aveva già circa le dimensioni attuali: larga al massimo dai 7 agli 8 centimetri e lunga circa 140 centimetri, misura rimasta invariata fino ad oggi per poter giungere al livello della cintura se indossata da uomini di taglia media.
In concomitanza con tendenze più o meno passeggere, alcuni stilisti fantasiosi si divertirono a modificare queste misure ideali.
Gli anni Cinquanta, quelli magici che videro la nascita del rock, furono caratterizzati dalle cravatte strette, da 5 a 7 centimetri, e con l'estremità squadrata, lanciate probabilmente dai Teddy Boys in Inghilterra.
Definite a volte "cravatte a nastro", ebbero grande successo e furono utilizzate fino agli stravolgimenti politici e culturali degli anni Sessanta, caratterizzati nel campo delle mode dal movimento hippy.
Tutto in quegli anni venne messo in discussione: e considerato che allora si portavano abitualmente le cravatte strette, da quel momento bisognava evidentemente indossarle molto larghe.
L'invenzione della cravatta larga con grosso nodo si attribuisce generalmente a un profeta della moda hippy a Londra, Michael Fish, che dal 1965 sommerse Savile Row (o più precisamente Jermyn Street, sede di Turnbull and Asser) di sete indiane e "kipper tie", le celebri "cravatte aringa" larghe circa 15 centimetri, come il pesce di cui portavano il nome.
I suoi clienti più celebri furono Mick Jagger, i Beatles, Lord Snowdown, Terence Stamp.
Qualche anno dopo, nel 1967, ma con uno spirito completamente diverso, ovvero quello di un ritorno alla classicità inglese, lo stilista americano Ralph Lauren creava la casa Polo e faceva rapidamente fortuna imponendo una cravatta anch'essa più larga di quanto richiedesse la tradizione: circa 12 centimetri.
Le cravatte larghe con grosso nodo scomparvero alla ?ne degli anni Settanta.